Trieste - Piazza Guglielmo Oberdan (già Piazza della Caserma)
Piazza Guglielmo Oberdan, già Piazza della Caserma, formatasi a partire dall'interramento del torrente Klutz nel 1838. L'area, in origine occupata dalla Caserma voluta da Maria Teresa nella seconda metà del Settecento e da "diversi magazzini e stallaggi" (Generini, 1968, p. 350), viene definita con una prima soluzione formata da una rete viaria a maglia ortogonale proposta dal Piano Regolatore generale del 1879. Una configurazione planimetrica più articolata viene elaborata già nel 1912 su progetto di Ludovico Braidotti, che concepisce la creazione di un'esedra, tangente a Via Giosuè Carducci, con tre nuovi tracciati viari disposti a raggiera. Tra gli anni Venti e Trenta viene a concretizzarsi la nuova immagine della piazza, il cui asse di simmetria viene individuato dall'imponente edificio del Palazzo di Giustizia, completato nel 1927 su progetto di Enrico e Umberto Nordico. L'area si sviluppa a partire dalla realizzazione del Palazzo INA databile tra il 1926 ed il 1930 su disegno di Ugo Giovanozzi, seguito poi nel 1934 dalla Casa del Combattente di Umberto Nordio, che completa due anni dopo il Palazzo della RAS, ed infine la Casa del Lavoro collocabile tra il 1934 ed il 1948 su disegno di Umberto Nordico e Raffaello Battigelli. (da: biblioteche.comune.trieste.it)

Piazza Oberdan 5: Le trattative da parte della società della TELVE per l'acquisto del terreno iniziano nel 1928; l'area interessata si estende per 950 mq per un valore di 500 lire al mq. In questa prima fase di concordato vengono indicate le modalità di esecuzione dell'edificio da parte del Comune di Trieste, che propone una struttura di sei piani , specificando in particolare l'utilizzo della pietra da taglio per il rivestimento della superficie muraria e della pietra artificiale da impiegarsi per le superiori membrature architettoniche. Dopo la bocciatura del primo progetto datato 6 giugno 1929, la TELVE chiede di poter procedere alla costruzione dell'immobile secondo le indicazioni fornite dal comune, attraverso un disegno elaborato dall'Ufficio Tecnico della Società. Al Comune perviene anche il progetto strutturale firmato dall'ingegnere Dante Fornasir, titolare della ditta di costruzioni a cui viene affidato l'appalto. I lavori di erezione dell'immobile, il cui progetto architettonico definitivo viene approvato il 21 dicembre 1929, sono completati il 25 luglio 1931. Verso la metà degli anni Trenta l'edificio è protagonista di un nuovo progetto di sistemazione urbanistica del quartiere Oberdan, che viene affidato all'architetto Mario de Renzi. I cambiamenti previsti, indirizzati a modificare la parte esteriore dell'edificio, non vengono però mai realizzati. Il palazzo, nato per ospitare gli uffici della T.E.L.V.E, poi TELECOM, diventa sede della RAI triestina, in seguito EIAR. Attualmente l'edificio ospita uffici della Regione Friuli Venezia Giulia. (da: http://biblioteche.comune.trieste.it/)
Alla T.E.L.V.E lavorava una folta schiera di centraliniste. Prime in Europa dal 1874 a Trieste furono ammesse le donne nei servizi telegrafonici.
Nel dicembre del 1958 il palazzo di piazza Oberdan 5, che ospitava la TELVE (Telefonica Veneta) nei piani bassi e la RAI (Radio Audizioni Italiane) fu preda di un grave incendio nei piani alti. Prese fuoco il penultimo dove si trovavano gli impianti di Bassa Frequenza, gli studi e le regie di produzione. Nei piani sottostanti si trovavano gli uffici amministrativi. Quel palazzo, già sede dell'E.I.A.R. dai tempi del regime fascista, era stato pesantemente sovraccaricato di apparecchiature dal funzionamento ad alto tenore termico. L'infausto evento fu pronosticato dai bassi livelli dei dipendenti e la direzione era probabilmente consapevole dei rischi in corso. Qualcuno pensò al dolo, ma di certo l'evento scatenò violentemente la volontà di trasferire la RAI in una struttura più idonea. Negli anni successivi venne edificato il nuovo palazzo di via Fabio Severo, retrostante quello del governo della Regione FVG. Oggi il palazzo di piazza Oberdan 5 a Trieste accoglie parte del Consiglio Regionale.
(Fonte: D.Padovani - Trieste che non c'è più)

Piazza Oberdan Progetto di Umberto Nordio del 1934 per ospitare l'Opera Nazionale Balilla e ora Sede del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia


Piazza Oberdan, 4 ; Via Beccaria, 1 ; Via Carducci, 4: Occupata in origine dall'ospedale voluto da Maria Teresa d'Austria, poi adibito a caserma, Piazza Oberdan è stata interessata, nel tempo, da profonde trasformazioni, a partire dai piani regolatori di fine Ottocento, all'assetto planimetrico progettato nel 1912 dall'architetto Ludovico Braidotti, fino alla definitiva sistemazione degli anni Trenta.

Tra il 1931 ed il 1935, infatti, si colloca lo sviluppo del nuovo "quartiere Oberdan", contraddistinto dall'intervento di Umberto Nordio, autore della maggior parte degli edifici prospicienti l'area, tra cui il palazzo in esame. Risale al gennaio del 1934 l'acquisto del lotto edificabile da parte di Arnoldo Frigessi di Rattalma, allora presidente della RAS; nello stesso anno dall'Ufficio Tecnico del Comune di Trieste venne deliberato "il permesso di fabbricare un edificio ad uso casa di civile abitazione", con approvazione del progetto presentato dal Nordio. I lavori, avviati agli inizi del 1935, si conclusero nel marzo del 1936. La struttura si caratterizza per l'equilibrio e la linearità della forma, secondo i principi del razionalismo architettonico di ispirazione fascista, e per l'uso di semplici materiali, come la pietra d'Orsera, che identifica l'alto zoccolo con funzione di porticato.
La struttura, a quattro piani fuori terra con livello superiore arretrato e terrazza, è arricchita da inserti decorativi,

a partire dall'atrio d'ingresso dove sono visibili i marmi alternati ad affreschi di Achille Funi e i mosaici di Felicita Frai e Graziano Grapputo. A celebrare la compagnia RAS è il leone alato dello scultore Ugo Carrà, in origine collocato a coronamento della facciata principale. Diverse modifiche si registrano a partire dal progetto di modifica approvato nel 2008.
(da: http://biblioteche.comune.trieste.it/)

A destrea: Sotto il porticato dello stesso palazzo, del numero civico 6, all’angolo con la via Cesare Beccaria, è visibile una targa bronzea (creata dall’artista Giovanni Talleri, che fu deportato nei campi nazisti), che racconta cos’è accaduto in quel Comando in cui erano sistemate le celle e le stanze sistemate per l'interrogatorio di tanti antifascisti e partigiani, che in quell’edificio hanno subito orribili torture prima di essere inviati nei campi in Germania o uccisi in Risiera. Sulla targa si legge: “Nei venti mesi dell’occupazione tedesca, questo edificio fu sede del Comando della polizia SS, luogo di sofferenza e di tortura, a perenne ricordo delle vittime”.
(Fonte: Dino Cafagna)



Monumento al Cantico dei Cantici dello scultore triestino Marcello Mascherini
In Piazza Oberdan c’è una scultura di Marcello Mascherini intitolata “Cantico dei cantici”, più popolarmente conosciuta come “dei fidanzatini”, rappresentati in uno struggente abbraccio al centro della piazza. È la storia vera di Pino Robusti, un ventiduenne, studente di architettura, che la mattina del 19 marzo del 1945 stava aspettando trepidamente la fidanzata, che doveva scendere da lì a poco dal tram dall'altra parte della piazza. Mentre camminava su e giù impaziente, fu notato e fermato da una pattuglia tedesca, pensando si trattasse di un giovane sfaccendato. Gli fu trovata addosso una tessera della organizzazione Todt, un’agenzia governativa tedesca per il lavoro coatto nei paesi occupati. Egli si giustificò affermando come fosse quello il suo giorno di riposo. Convinti che si trattasse invece di un lavativo, fu portato prima nel carcere del Coroneo e poi, rinchiuso in Risiera, dove, per una serie di “equivoci”, molto comuni allora, fu messo dalle SS tra i detenuti “politici”. Nella sua giacca la madre troverà, tra i vestiti dei prigionieri eliminati, una commovente lettera indirizzata alla sua fidanzata. “Laura mia, mi decido di scrivere queste pagine in previsione di un epilogo fatale e impreveduto. In tale eventualità io trovo il dovere di lasciarti come mio unico ricordo queste righe. Se quanto temo dovrà accadere, sarò una delle centinaia di migliaia di vittime che con sommaria giustizia in un campo e nell'altro sono state mietute. Ti raccomando perciò, come mio ultimo desiderio, che tu non voglia o per debolezza o per dolore sbandarti e uscire da quella via che con tanto amore, cura e passione ti ho modestamente insegnato. Mi pare strano, mentre ti scrivo, che tra poche ore una scarica potrebbe stendermi per sempre, mi sento calmo, direi quasi sereno, solo l’animo mi duole di non aver potuto cogliere degnamente, come avrei voluto, il fiore della tua giovinezza, l’unico e più ambito premio di questa mia esistenza. Credimi, Laura mia, anche se io non dovessi esserci più, ti seguirò sempre e quando andrai a trovare i tuoi genitori, io sarò là, presso la loro tomba ad aiutarti e consigliarti. L’esperienza che sto provando, credimi, è terribile. Addio, Laura adorata, io vado verso l’ignoto, la gloria o l’oblio, sii forte, onesta, generosa, inflessibile, Laura santa. Il mio ultimo bacio a te che comprende tutti gli affetti miei, la famiglia, la casa, la patria, i figli. Addio Pino” Pino fu fucilato il giorno dopo dai tedeschi, pochi giorni prima della liberazione, e il suo corpo bruciato nel forno della Risiera. Mascherini ha voluto rappresentare l’ultimo struggente abbraccio tra i due innamorati, prima della loro separazione, raccontando così la storia di Pino, il ventiduenne che aspettava con trepidazione la sua giovane fidanzata in piazza Oberdan, prima di essere portato via… (Fonte: Dino Cafagna)
Sede dell'INA Assitalia (1926-1930)
progetto dell'Arch. Ugo Giovannozzi.
Via Giustiniano da piazza Oberdan a Foro Ulpiano E' la strada principale del cosiddetto "quartiere Oberdan" , così comunemente chiamato nel primo dopoguerra, ma ideato già sul finire del secolo scorso. Nel 1925 la strada venne denominata "viale Regina Margherita" dal nome della vedova del sovrano Umberto I di Savoia, tale denominazione venne soppressa e sostituita con quella di "via Giustiniano", dal nome dell'imperatore Flavius Petrus Sabbatius Justinianus, che ordinò la codificazione del diritto romano (523-535 d.c.), più tardi chiamata Corpus juris civilis, distinta in Codice,
Digesto e Istituziuoni. Nato nel 482 a Tauresio (Macedonia), Giustiniano morì a Costantinopoli nel 565. I fondi attraversati dalla via Giustiniano erano occupati fino al 1925, dagli edifici e dal campo degli esercizi militari della Caserma Grande. Al civico 3 si trova la nuova sede del Liceo Ginnasio Statale "Dante Alighieri", oggi Istituto Comprensivo Dante Alighieri, costruito nel 1936 su progetto dell'ing. V.Privileggi, di fronte si trovava il Teatro Nuovo, costruito nel 1936-1946, su progetto degli architetti Umberto Nordio e R.Battigelli e demolito nel 1964 per l'erezione del vicino palazzo della RAI-Radio Televisione Italiana.

Piazza Oberdan dal 1902 capolinea della Tranvia Trieste-Opicina

Palazzo Vianello del 1904 progettato dall'Architetto Ruggero Berlam

Il palazzo, conosciuto anche come Casa Czorzy, venne costruito su progetto dell'architetto Giovanni Battista de Puppi nel 1838. L'edificio sorse nel luogo in cui si trovava il vecchio lavatoio della città, acquistato nel 1831 dalla ditta Buchler e Comp. che decise in seguito la costruzione dell'attuale edificio. Il palazzo venne progettato ad angolo, secondo il modello della Rotonda Pancera di Matteo Pertsch. In origine la struttura era stata pensata a cinque livelli fuori terra, con due ordini sovrapposti di lesene. L'edificio attualmente ospita al piano terra la farmacia " Al cedro". (da: http://biblioteche.comune.trieste.it/)
L'edificio è costituito da quattro livelli fuori terra. Accessi su Via del Lavotoio e su Piazza Guglielmo Oberdan. La facciata di raccordo semicircolare con piazza Oberdan costituisce l'elemento qualificante e più originale dal palazzo. Il pianoterra, con rivestimento a bugnato liscio, presenta una serie di aperture ad arco a tutto centro alternate a fori rettangolari. Al centro, in corrispondenza dell'angolo, si trova il portale di accesso alla farmacia. I piani superiori, separati dal pianoterra da una cornice in pietra aggettante, sono caratterizzati da fori finestra rettangolari con semplice cimasa lineare. In corrispondenza dell'angolo del primo piano emerge un balcone con balaustra in ferro battuto, che segue il profilo dell'angolo arrotondato sul quale si trovano tre aperture alternate a lesene doriche lisce di ordine gigante. A coronamento della superficie angolare spiccano quattro statue rappresentanti delle figure femminili d'ispirazione classicista.
Casa Czorzy (tra Piazza Oberdan e Via del Lavatoio) in stile neoclassico costruita su progetto dell’architetto Giovanni Battista de Puppi nel 1838. L’edificio sorge nel luogo in cui si trovava il vecchio lavatoio della città, acquistato nel 1831 dalla ditta Buchler e C. che decise in seguito la costruzione dell'attuale edificio. Il palazzo venne progettato ad angolo curvo, secondo il modello della Rotonda Pancera di Matteo Pertsh. A coronamento della parte curva spiccano quattro statue rappresentanti figure femminili d’ispirazione classica. Il palazzo è unito a quello che ospita dal 1930 l'Albergo alla Posta che fa angolo con Via Giorgio Galatti. Quest'ultimo, commissionato dal mercante Isac Guetta, venne costruito nel 1838 su progetto dell'architetto Nicolò Pertsch. Nel 1944 l'edificio subì dei danni a causa dei bombardamenti. Su progetto dell'architetto Businelli il palazzo venne ristrutturato nal 1953. Sotto il balcone in pietra ci sono due pannelli a bassorilievo che rappresentano due figure in stile classico.

Palazzo Vianello realizzato nel 1904 dall'architetto Ruggero Berlam con il figlio Arduino su commissione di Leopoldo Vianello, un ricco commerciante proprietario di una casa di spedizioni, presidente di una banca triestina e grande benefattore. Le statue sul balcone e sull’attico sono dello scultore Giovanni Marin, mentre i due medaglioni raffiguranti Leonardo e Michelangelo sull'ingresso di via XXX Ottobre 19 sono opera del pittore Pietro Lucano.. Il palazzo, uno dei primi edifici realizzati a Trieste in cemento armato, fu sede del Salone Edison e poi Cinema Odeon.
Leopoldo Vianello era un ricco finanziere, proprietario di una casa di spedizioni, presidente della Banca Popolare Triestina, interessato nei settore immobiliare, ed anche grande benefattore (era sua la Società Amici dell’infanzia – Casa dei Poveri). Fece costruire lo stabile che porta il suo nome dell’architetto Ruggero Berlam; i lavori iniziarono nel 1904, ma a causa di una risorgiva difficile da deviare proseguirono per quasi nove anni. A completamento dell’opera, le iniziali del ricco possidente triestino furono poste in alto della facciata.
Il Rutteri, di questo grande edificio così scriveva: “…in esso si vede la moderna vigoria d’eco sansovinesca…”. Fin qui la storia, ma pochi sanno che il leone marciano, che campeggia altero sul fronte del palazzo, venne collocato in un secondo momento, e ben di proposito anche, in contrapposizione alla Narodni Dom (Casa del Popolo), poi hotel Regina e Istituto di lingue, ex Balkan, che sorgeva proprio dirimpetto! (informatrieste.eu)

La figura femminile posta su Via Carducci rappresenta Anfitrite, una delle Nereidi, sposa di Nettuno e madre di Tritone.



Particolari di Palazzo Vianello
sulla Via Giosuè Carducci
Il portone di via XXX Ottobre di Palazzo Vianello decorato con i ritratti di Leonardo e Michelangelo, opere del pittore triestino Piero Lucano.

Palazzo ex Arrigoni (poi ex Saima) costruito nel 1925 dall’impresa Ghira e Polacco per ospitare la sede della casa di spedizioni S.A.I.M.A. (Società Anonima Innocente Mangili Adriatica). Il gruppo, intitolato "La Romanità", alto 6 metri e posto sulla facciata è stata la prima opera scultorea dello scultore triestino Marcello Mascherini, che lo creò tra il 1925 e il 1926. Nel primo progetto del 1924 sulla facciata del palazzo era prevista una "Vittoria Alata".
La G. Arrigoni & C. Industria alimentare aveva sede anche la Società Anonima Prodotti Alimentari G. Arrigoni & C, società fondata a Genova nel 1855 da Gaspare Arrigoni, portata a Trieste nel 1917 dal triestino Giorgio Sanguinetti:

prima dell'ultima guerra aveva stabilimenti conservieri a Grado e in Istria (Isola, Umago e Fasana). Quando l’Arrigoni decise di trasferirsi a Cesena, nell'aprile 1961, ottanta impiegati si barricarono in via Galatti 24 per impedire il trasloco di macchine d'ufficio e di documenti contabili: la protesta, senza esito, durò 145 giorni.

La Saima chiuse nel 2013; con lei sparisce un pezzo della grande storia triestina. Il seme della ditta fu piantato nel 1906 da uno spedizioniere di origine boema, Leopoldo Popper, amico di James Joyce, che Joyce rappresentò nell’”Ulisse e forse anche innamorato di sua figlia Amalia Popper. (Fonte: Dino Cafagna)


Casa del Combattente: La storia progettuale dell'edificio è quantomai ricca e complessa: nel 1912 allorquando la città di Trieste decise l'abbattimento della Caserma grande di Via Carducci, l'arch. Lodovico Braidotti propose l'erezione di un nuovo quartiere con un'esedra monumentale e un movimento di vie a ventaglio. Lo scoppio della guerra pose fine ai progetti, la demolizione della Caserma fu posticipata di una decina di anni venendo semplicemente ridipinta e intitolata a Guglielmo Oberdan. L'avvento del fascismo e di un nuovo modo di concepire l'architettura, improntata sulla semplicità e sulla funzionalità privandola di ornamenti inutili, suggerì una nuova sistemazione dei vasti spazi venutisi a creare Nel 1925 il Comune promosse un concorso per la realizzazione di un monumento in memoria del martire triestino Guglielmo Oberdan, i progetti presentati non incontrarono però il favore del comitato promotore che propendeva per il mantenimento della cella in cui lo sfortunato patriota fu rinchiuso, spazio che faceva parte della preesistente caserma asburgica e che si voleva conservare per onorarne la memoria. I lavori, affidati sin dal 1929 all'architetto Umberto Nordio si presentarono subito vincenti per quell'impronta di classicità mitigata da una ricerca formale di chiara impronta modernista che conferiva all'edificio quel giusto equilibrio architettonico con gli edifici vicini. I lavori, iniziati nel 1931, si interruppero per motivi di ordine economico pochi anni dopo. Nel 1933 fu aggiunto al progetto iniziale una torre alta 54 metri in posizione asimmetrica rispetto al resto dell'edificio. Sulla sommità fu posizionata una campana, sul modello degli antichi broletti medievali. Inaugurata il 29 aprile 1934, la Casa del Combattente con annesso Museo del Risorgimento, enfatizzò sin da subito l'accentuato verticalismo cui l'intera piazza si ispirava.
L'edificio in stile razionale modernista si colloca a chiusura della quinta visiva che si apre dall'esedra di Piazza Oberdan verso il colle di Scorcola in direzione nord.

L'alta torre in mattoni facciavista e il porticato che taglia la Via XXIV Maggio contribuiscono a determinare visivamente l'appartenenza dell'edificio monumentale alla composizione di Piazza Oberdan, così come nata a seguito della ridefinizione urbanistica dello spazio lasciato libero dalla demolizione della ex caserma asburgica. L'intera composizione volumetrica si gioca sul binomio pietra-laterizio, le cui alternanze sottolineano i rapporti tra le parti dell'edificio e le gerarchie degli elementi. La pianta rettangolare ospita in un avancorpo sulla Via XXIV Maggio al piano terra il sacello del Sacrario dedicato a Guglielmo Oberdan; nonostante l'apparente composizione monolitica, il fabbricato è poi diviso in due parti che ospitano rispettivamente la Casa del Combattente, con le associazioni dei veterani militari, e il Museo del Risorgimento. La torre parallelepipeda con la campana e la bandiera italiana svetta sulla piazza e, innalzandosi da uno spigolo dell'edificio, costituisce un corpo unico con il resto del fabbricato. La struttura portante è in calcestruzzo armato. La copertura piana conferisce un aspetto stereometrico all'edificio.
Elementi decorativi:Affresco interno ; Lapide interna ; Lapide esterna ; Iscrizione esterna ; Elementi ornamentali interni ; Elementi ornamentali esterni Desc. el. decorativi:- ISCRIZIONE (esterno) Sul serramento di ingresso al piano terra, un'iscrizione a caratteri stampatello maiuscolo in ferro si inserisce tra il sopraluce e le ante del serramento intitolando l'edificio a "CASA DEL COMBATTENTE" ISCRIZIONE (esterno) Sul serramento di ingresso al museo, al piano terra un'iscrizione a caratteri stampatello maiuscolo in ferro si inserisce tra il sopraluce e le ante del serramento intitolando l'edificio a "CIVICO MUSEO DEL RISORGIMENTO". LAPIDE (esterno) Una lapide in granito rosso, posta nel portico davanti all'ingresso della Casa del Combattente, cita: "DA QUESTA CASA IN MEMORIA E IN ONORE DEI MARTIRI DI TUTTE LE FOIBE AUSPICE LA FEDERAZIONE GRIGIOVERDE DALL'ANNO 1895 OGNI DOMENICA ESTIVA SI DIPARTONO I DRAPPELLI DEI SODALIZI PATRIOTTICI PER SALIRE SUL CARSO A DISPIEGARE IL TRICOLORE DELLA PATRIA SUI SACRARI DI BASOVIZZA E DI OPICINA. A TESTIMONIANZA E AD ESEMPIO. A.D.MMI" LAPIDE (interno) Una lapide in pietra Repen nell'atrio di ingresso della Casa del Combattente riporta la dicitura: "QUESTA CASA UMBERTO NORDIO ARCHITETTO IDEO' E PROGETTO' - MCMXXXIV" AFFRESCHI (interno) Affreschi di Carlo Sbisà ornano le nicchie dei saloni del Museo del Risorgimento al primo piano, raffigurando in pannelli allegorici l'Italia, Trieste, Aquileia, Gorizia, Parenzo, Pola, Zara, Fiume e altre città giuliane, istriane e dalmate che furono teatro degli scontri per l'unità della patria. LAPIDI (interno e esterno) Lapidi e busti commemorativi di varia fattura posti negli atri di ingresso, nel portico antistante e nel Sacrario Oberdan, commemorano i caduti delle due guerre mondiali e gli eroi della patria sacrificatisi per l'indipendenza dei territori istriano-dalmati, tra cui Emo Tarabocchia, Silio Valerio, Spiro Xydias, Guglielmo Oberdan, Antonio Baiamonti,
LAPIDE (esterno) Alle pareti del sacrario oberdan è riportato il seguente testo: "AI FRATELLI ITALIANI: VADO A COMPIERE UN ATTO SOLENNE ED IMPORTANTE. SOLENNE PERCHE' MI DISPONGO AL SACRIFICIO, IMPORTANTE PERCHE' DARA' I SUOI FRUTTI. E' NECESSARIO CHE ATTI SIMILI SCUOTANO DAL VERGOGNOSO TORPORE L'ANIMO DEI GIOVANI - LIBERI E NON LIBERI - GIA' DA TROPPO TEMPO TACCIONO I SENTIMENTI GENEROSI, GIA' DA TROPPO TEMPO SI CHINA VILMENTE LA FRONTE AD OGNI SPECIE DI INSULTO STRANIERO - I FIGLI DIMENTICANO I PADRI, IL NOME DI ITALIANO MINACCIA DI DIVENTARE IL SINONIMO DI VILE E DI INDIFFERENTE. NO, NON POSSONO MORIRE COSI' GLI ISTINTI GENEROSI! SONO SOPITI E SI RIDESTERANNO. AL PRIMO ALLARME CORRERANNO I GIOVANI D'ITALIA - CORRERANNO COI NOMI DEI NOSTRI GRANDI SUL LABBRO - A CACCIARE PER SEMPRE DA TRIESTE E DA TRENTO L'ODIATO STRANIERO CHE DA TEMPO CI MINACCIA E CI OPPRIME. OH, POTESSE QUESTO MIO ATTO CONDURRE L'ITALIA A GUERRA CONTRO IL NEMICO! ALLA GUERRA SOLA SALVEZZA, SOLO ARGINE CHE POSSA ARRESTARE IL DISFACIMENTO MORALE SEMPRE CRESCENTE DELLA GIOVENTU' NOSTRA. ALLA GUERRA GIOVANI, FINCHE' SIAMO ANCORA IN TEMPO DI CANCELLARE LE VERGOGNE DELLA PRESENTE GENERAZIONE COMBATTENDO DA LEONI. FUORI LO STRANIERO! E VINCITORI E FORTI ANCORA DEL GRANDE AMORE DELLA PATRIA VERA, CI ACCINGEREMO A COMBATTERE ALTRE BATTAGLIE, A VINCERE PER LA VERA IDEA, QUELLA CHE HA SPINTO MAI SEMPRE GLI ANIMI FORTI ALLE CRUENTI INIZIATIVE PER L'IDEA REPUBBLICANA. PRIMA INDIPENDENTI POI LIBERI. FRATELLI D'ITALIA! VENDICATE TRIESTE E VENDICATEVI! UDINE, SETTEMBRE 1882, GUGLIELMO OBERDAN" LAPIDE (esterno) Alle pareti della cella in cui fu imprigionato Guglielmo Oberdan è riportato il seguente testo: "GUGLIELMO OBERDAN, NATO A TRIESTE L' 1 FEBBRAIO 1858, ARRESTATO A RONCHI IL 16 SETTEMBRE 1882, RICHIUSO IN QUESTA CELLA IL 7 OTTOBRE, CONDANNATO A MORTE IL 10 OTTOBRE, VIDE CONFERMATA LA SENTENZA IL 4 NOVBEMBRE, SALI' AL PATIBOLO E ALLA GLORIA IL 20 DICEMBRE 1882" ELEMENTO ORNAMENTALE (esterno) Sotto al porticato, in un abside ricavata entro il perimetro del sacello, sorge un gruppo statuario bronzeo dedicato a Guglielmo Oberdan, opera di Attilio Selva. ELEMENTI ORNAMENTALI (esterno).

Sulle pareti esterne della cella Oberdan sono affissi gli scudi e gli stemmi delle città che con i loro contributi di eroi e combattenti caduti, contribuirono all'unità della patria. Desc. el. architettonici:L'unica facciata prospiciente la pubblica via è caratterizzata da un ampio portico rivestito in conci di pietra bianca, che ospita gli accessi al Museo e alla Casa del Combattente, nonché l'accesso al Sacrario Oberdan con la cella dove egli fu imprigionato dagli austriaci.
Il primo piano, molto alto sulla pubblica via, è messo in evidenza da un rivestimento in conci di pietra bianca che contornano le ampie aperture archivoltate e si stagliano sullo sfondo scuro in mattoni facciavista, che costituisce il rivestimento dei piani superiori, separati solo da un semplice marcapiano quadro a fascia in pietra bianca, immediatamente sopra le finestre dei piani secondo, terzo e quarto. Sotto al parapetto della terrazza del quinto piano, si scorgono sporgere lunghi doccioni in pietra bianca che scaricano all'esterno le acque meteoriche raccolte in terrazza.
I serramenti al piano terra son costituiti da ampi pesanti portoni metallici con sopraluce; al primo piano i serramenti a struttura lignea presentano due ante a quattro specchiature, con sopraluce archivoltato.
Ai piani superiori finestrature metalliche rettangolari a sei specchiature di ridotte dimensioni si posizionano su una griglia regolare. Al quinto piano serramenti lignei di porta-finestra a doppia anta si aprono sulla terrazza. Piccole feritoie danno luce alla stretta scala metallica interna alla torre. Ampie finestre rettangolari a struttura metallica danno luce ai vani scala addossati alla corte interna al lotto.


Il gruppo bronzeo dedicato a Guglielmo Oberdan, opera di Attilio Selva.
L'ingresso alla Casa del Combattente è caratterizzato da una bussola in legno che apre all'atrio pavimentato in piastrellino a mosaico color grigio antracite, in accordo con il profilo scuro dei serramenti metallici e in chiaro contrasto con il pavimento della scala in pietra bianca e le pareti dipinte in colore bianco con abbassamento giallo chiaro; lunghe lampade tubolari a tutta altezza illuminano l'ambiente. La scala monumentale ad appoggio in calcestruzzo armato con parapetto ligneo occupa tutta l'altezza libera di tre livelli dell'atrio di ingresso, superando il primo piano che è dedicato interamente al Museo del Risorgimento. Il pavimento della scala è rivestito in pietra e piastrelline a mosaico con un gioco di contrasti tra il grigio antracite e il bianco. I corridoi interni ai piani e le sedi degli uffici presentano finiture molto semplici con pavimenti in linoleum, superfici dipinte in colore bianco e porte semplici verniciate ad olio. Sopraluce in vetrocemento permettono alla luce naturale di penetrare in parte sino al corridoio centrale di distribuzione. Dal quinto piano si erge la torre con una scala metallica che porta alla terrazza in sommità. Una stretta scala costituita da mensole in pietra bianca poste a sbalzo dalla muratura porta ad una stretta terrazza in copertura della torre, dove una campana è sistemata in luce di un arco rivestito in mattoni facciavista. Il parapetto in mattoni faccia vista è concluso da una copertina in pietra bianca bocciardata, che si staglia cromaticamente dal rivestimento in cotto. L'ingresso al Museo del Risorgimento è caratterizzato da finiture molto simili a quelle dell'atrio della Casa del Combattente, ma la scala si ferma al primo piano, interamente occupato dai saloni del Museo, caratterizzati da ampie finestrature e un imponente cassettonato in calcestruzzo armato intonacato bianco, che chiude una volta a padiglione appena accennata. (da: biblioteche.comune.trieste.it/)

Il Museo del Risorgimento è ospitato nell'edificio della Casa del Combattente costruito dall'architetto Umberto Nordio nel 1934 E' decorato con affreschi di Carlo Sbisà, conserva documenti, fotografie, divise, cimeli, dipinti relativi a fatti e personaggi delle vicende risorgimentali locali, dai moti del 1848 alla prima guerra mondiale. All'esterno si trova il Sacrario dedicato alla memoria di Guglielmo Oberdan, patriota triestino impiccato per aver attentato alla vita dell'imperatore Francesco Giuseppe nel 1882, con la cella del martire e il suo monumento, opera di Attilio Selva.


Via XXIV Maggio da piazza Oberdan a via Fabio Severo Questa strada aperta con la demolizione della Caserma Grande nel 12.6.1925, venne battezzata "via Irnerio" a ricordo del giurista bolognese del XII secolo. Il 27.5.1933 la denominazione venne mutata in quella di "via XXIV maggio", a ricordo dell'entrata in guerra dell'Italia contro l'Austria-Ungheria nel 1915. Al civico 4 della via si trova la Casa del Combattente con il Sacrario di G. Oberdan, costruita nel 1931-35 su progetto dell'architetto U.Nordio: nel sacrario vi è una statua bronzea di Oberdan opera dello scultore Attilio Selva, sono conservate integre l'anticella e la cella in cui fu rinchiuso Oberdan. nella stessa Casa del Combattente si trova il Civico Museo del Risorgimento, con affreschi di Carlo Sbisà nella sala d'onore. Da: Margherita Tauceri - Vie e Piazze di Trieste Moderna di Antonio Trampus


Sopra: Via Fabio Severo angolo Via XXIV Maggio
Guglielmo Oberdan, nato Wilhelm Oberdank (Trieste, 1º febbraio 1858 – Trieste, 20 dicembre 1882), è stato un patriota irredentista italiano. È considerato il primo martire dell'irredentismo. Era figlio illegittimo della domestica slovena Josepha Maria Oberdank, nata a Gorizia da una famiglia originaria di Sambasso (oggi Šempas in Slovenia), e di Valentino Falcier, fornaio di Noventa di Piave, che si era poi arruolato nell'Imperial regio esercito austro-ungarico. Non fu riconosciuto dal padre naturale e venne registrato all'anagrafe come Wilhelm Oberdank (Oberdan è un'italianizzazione che adottò successivamente. A quattro anni dalla sua nascita la madre si risposò con Francesco Ferencich, capofacchino del porto di Trieste, dal quale ebbe altri quattro figli. Il patrigno instaurò con il giovane Oberdan dei buoni rapporti e tentò di legittimarlo iscrivendolo con il proprio cognome al censimento del 1865 e alle scuole elementari. Nonostante le umili condizioni della famiglia, Oberdan riuscì a continuare gli studi presso la civica scuola reale superiore di Trieste.
Il suo comportamento gli costò la bocciatura già in prima classe, ma in seguito studiò con maggiore diligenza e nel 1877 conseguì ottimamente la maturità tecnica. In questi anni iniziò a leggere molto e fu influenzato specialmente da Giuseppe Mazzini e Francesco Domenico Guerrazzi. Nel frattempo, pur giovanissimo e di modeste origini, prese a frequentare vari salotti letterari e politici di Trieste ed entrò in contatto con personalità quali Adolfo Liebman, Vitale Laudi, Gregorio Draghicchio, Riccardo Zampieri e Domenico Giovanni Battista Delfino. Nel 1877, grazie a una borsa di studio elargita dal comune di Trieste, poté iscriversi al Politecnico di Vienna; trovò alloggio a poco prezzo nella casa di una vedova presso Luisengasse su Wieden. Ben presto divenne una figura di guida tra gli studenti italiani, e durante una festa organizzata da alcuni studenti polacchi, dichiarò la Polonia "quale sorella dell'Italia nella sfortuna".
Nel marzo dell'anno seguente, però, avendo l'Austria proclamato la mobilitazione per occupare militarmente la Bosnia ed Erzegovina come deciso nel Congresso di Berlino, ricevette la chiamata alle armi e dovette interrompere gli studi. Fu assegnato al 22º reggimento di fanteria "Freiherr von Weber". Contrario all'occupazione dei territori bosniaci sanciti dal Congresso di Berlino, decise di disertare. Venne aiutato nella fuga dall'irredentista socialista Carlo Ucekar e la notte tra il 16 e il 17 luglio 1878 abbandonò Vienna per trasferirsi a Roma, dove frequentò i movimenti degli ex garibaldini e quelli irredentisti; poté anche iscriversi all'università per completare gli studi in ingegneria. L'ultimo anno fu però costretto a interromperli poiché, a causa di alcune sue opinioni, il sussidio assegnatogli dallo Stato italiano gli venne revocato. Da lì in poi dovette iniziare a darsi da fare per vivere, disegnando per alcuni studi d'ingegneria e traducendo dal tedesco all'italiano per alcuni giornali. Nella sua piccola stanza a Trastevere aveva appesi due ritratti: quello di Gesù e quello di Giuseppe Garibaldi. Mentre leggeva opere del filosofo inglese John Stuart Mill, s'impegnava sempre più all'interno dei movimenti attivisti. Nel luglio 1879 Oberdan ricevette a Roma un bacio sulla fronte dall'uomo che più ammirava, Giuseppe Garibaldi. Alla morte di Garibaldi, avvenuta nel 1882, Oberdan marciò dietro al carro funebre con la bandiera di Trieste al collo per dimostrare il suo lutto.
Nel luglio 1882 Oberdan incontrò Matteo Renato Imbriani, leader del movimento irredentista e cofondatore dell'associazione "Italia irredenta". Qui Oberdan prese la decisione che Trieste potesse essere separata dal dominio austriaco-ungarico solo grazie al suo stesso martirio. Lo scoraggiamento degli esuli che avevano riposto in Garibaldi le loro speranze spinse Oberdan a organizzare un attentato, assieme ad altri irredentisti (tra cui l'istriano Donato Ragosa, con cui si era sempre mantenuto in contatto), contro l'imperatore Francesco Giuseppe in visita a Trieste in occasione dei 500 anni di dedizione della città all'Austria, la "fidelissima", titolo assegnatole dalla monarchia asburgica per essersi astenuta dalle rivoluzioni del 1848. Oberdan cercò di trasportare da Roma a Trieste due bombe all'Orsini; giunse assieme a Ragosa nella località di Ronchi di Monfalcone (oggi "dei Legionari"), ma venne arrestato, dopo che aveva sparato malamente a un gendarme trentino, in seguito alla segnalazione di un messo comunale che notò il suo ingresso clandestino in territorio austriaco nei pressi di Versa. Durante il primo interrogatorio si dichiarò come Rossi ma, in seguito, davanti al giudice distrettuale Dandini, confessò il suo intento di voler attraversare il confine per recarsi con le due bombe a Trieste. Non essendo lui contento dell'arresto, in quanto voleva essere immolato, si autoaccusò.
Il 20 ottobre 1882, davanti all'imperial-regio tribunale della guarnigione di Trieste, Oberdan venne condannato a morte per impiccagione dalla giustizia austriaca per alto tradimento, diserzione in tempo di pace, resistenza violenta all'arresto e cospirazione, avendo confessato le intenzioni di attentare alla vita dell'imperatore Francesco Giuseppe. Vi furono appelli alla grazia da tutto il mondo intellettuale dell'epoca, tra cui lo scrittore francese Victor Hugo e anche la madre del giovane chiese clemenza. Nonostante ciò, il 4 novembre la condanna venne confermata e all'alba del 20 dicembre venne impiccato nel cortile interno della caserma grande di Trieste. Mentre il boia viennese Heinrich Willenbache gli metteva il cappio al collo, secondo un rapporto ufficiale Oberdan esclamò: "Viva l'Italia, viva Trieste libera, fuori lo straniero!" Immediatamente dopo la sua morte Oberdan fu elevato al rango di martire.
In conseguenza di ciò aumentarono le adesioni al movimento irredentista e la lotta contro la supremazia austriaca raggiunse il suo picco. Giosuè Carducci scrisse un aspro articolo intitolato semplicemente XXI decembre, nel giornale Don Chichotte di Bologna il 22 dicembre 1882, contro l'imperatore austriaco, definendolo «imperatore degli impiccati» e concludendo: «Riprendemmo Roma dal Papa, riprenderemo Trieste dall'Imperatore.
Dopo la sua morte sorsero in Italia e in Austria quarantanove Associazioni Oberdan, le quali diffusero l'ideale irredentista: queste formazioni ebbero scarso appoggio nel Regno, soprattutto dal governo di Francesco Crispi che guardava più alle imprese coloniali che a quelle irredentiste. La prima commemorazione pubblica di Oberdan avvenne il 20 dicembre 1918 nel cortile della caserma che sarà ribattezzata Caserma Oberdan; quando questa verrà demolita si conserveranno la cella e l'anticella dove fu rinchiuso, che verranno successivamente incorporate nei portici della Casa del Combattente, attualmente sede del Museo del Risorgimento. Guglielmo Oberdan fece parte della Massoneria. Durante la prima guerra mondiale, la propaganda nazionalista italiana fece tesoro della storia di Oberdan al fine di svegliare il consenso nazionale nella popolazione italiana.
Oberdan verrà sepolto nel cimitero Sant'Anna a Trieste, ma non è più possibile identificare i suoi resti poiché sono andati perduti. (Wikipedia)



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